I preconcetti positivi (fatti di speranza) o negativi (quelli degli “scettici comunque”) sono nemici della buona medicina e hanno pesato entrambi ai tempi della Terapia Di Bella, quando ad aumentare il clamore erano pure i pro e i contro di politici e magistrati, non esperti di cancro ma convinti che la visibilità paga. In realtà, nessuno potrebbe rifiutare una cura anticancro, ma l’efficacia di una terapia ipotetica deve essere comprovata e deve esserne esclusa la tossicità!). Per questo, nel 1998 si è fatta chiarezza mediante una valutazione dei casi archiviati da Di Bella (consenziente) e grazie ad una sperimentazione in 21 centri italiani, concordata dal Ministro della Sanità con oncologi qualificati e con lo stesso Di Bella. Dalla multicentrica risulta che la terapia non ha efficacia specifica, un verdetto mai accettato dai “dibelliani”. La querelle si ravviva ora a causa di un lavoro su European Journal of Pharmacology (EJP) che ispira la giornalista M.M. Barone a intitolare un articolo (www.you.ng.it/): “Veronesi si arrende a Di Bella: somatostatina efficace contro il cancro”. Tuttavia, va intanto rilevato che quello su EJP non è uno studio condotto in pazienti tumorali, ma una sperimentazione “in vitro” su cellule cancerose dalla quale risulta che vitalità e proliferazione delle stesse vengono inibite usando un cocktail a base di melatonina, somatostatina e acido trans-retinoico. In realtà, oltre a questi ingredienti la terapia Di Bella conteneva pure bromocriptina, vitamine E, C e D, ciclofosfamide (noto antitumorale) e, saltuariamente, l’ormone ACTH. Questa trasposizione tout court di dati ottenuti su cellule in vitro a donne affette da cancro del seno meritava il parere di due autorevoli oncologi da me consultati ad hoc: U. Tirelli, Oncologo dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Aviano e C. Graiff, Oncologo dell’Ospedale di BZ. In assoluta sintonia, il commento dei 2 esperti è che notoriamente molte sostanze possono influire sui ritmi di crescita delle colture cellulari, senza però che ciò costituisca, nel modo più assoluto, una prova di efficacia clinica. Non riesco invece a trovare traccia dell’approvazione del cocktail usato “in vitro” da parte di Veronesi (pure citata dalla Barone), in quanto esso avrebbe indotto “guarigione (?) di cellule tumorali” nel seno di una trentenne. Se così anche fosse, casi aneddotici non possono sostituire studi clinici controllati rigorosi che purtroppo non risultano in letteratura, né prima né dopo la fallita multicentrica con la terapia Di Bella. Un giornalista e così pure un magistrato non dovrebbero creare illusioni. Ed invece, circa la cura con staminali per la piccola Celeste, l’assurdo si sta ripetendo proprio in questi giorni: magistrato a favore, medici (AIFA) e Ministero contro.