PLASTICA , FTALATI E..TERRORISMO (13 agosto 2009)

Nicholas Kristof, due volte premio Pulitzer, in un recentissimo articolo sul New York Times (NYT) dal titolo “Prodotti chimici e la nostra  salute” riprende un argomento ben noto in ambito scientifico, ma quasi ignorato dalla gente: la pericolosità degli ftalati. Questi sono dei composti chimici (una decina) di ampio impiego che vengono aggiunti alla plastica e, segnatamente al polivinilcloruro (PVC) per rendere più flessibile il materiale plastico di qualsiasi tipo (bottiglie, contenitori in genere, attrezzi, borse, spazzolini, buste, ecc). Gli ftalati sono inoltre impiegati per la pavimentazione o nella produzione di tubi e cavi, cosmetici, profumi, lacche per unghie o capelli, preparati spray, creme contraccettive, capsule medicinali (che così diventano gastroresistenti) e persino shampoo e lozioni per bambini. E’ soprattutto l’aggiunta di ftalati in questi ultimi prodotti che è oggetto di preoccupazione specie dopo che il Seattle Children’s Hospital Research Institute ha dimostrato la presenza di tali composti nelle urine di bambini tra i 2 e i 28 mesi di età precedentemente lavati con shampoo o lozioni di comune impiego. Nel 2006 La CEE anche per questo ha vietato l’uso degli ftalati nei  biberon, nelle posate e nei giocattoli di plastica che spesso i bambini si mettono in bocca. Ma i danni da ftalati comincerebbero ben prima, quando il nascituro è ancora nel grembo materno e a risentirne sarebbe in particolare lo sviluppo endocrino e sessuale per cui gli ftalati sono stati definiti “endocrine disruptors” (perturbatori endocrini). Nel primo trimestre di gravidanza questi composti trasmessi dalla madre favorirebbero la femminilizzazione del nascituro e una delle spie sarebbe la riduzione nel neonato del tratto che va dall’ano ai genitali (circa doppio nel maschio rispetto alla femmina). I bimbi con minore distanza ano-genitale risulterebbero pure più penalizzati da mancata discesa testicolare, minori dimensioni del pene e, in età adulta, da deficit numerico e di vitalità degli spermatozoi. Da qui l’allarme lanciato nel 2009 dall’ Endocrine Society pur attenta a mettere in guardia contro un eccessivo allarmismo. Non mancano infatti critiche alle ricerche che dimostrerebbero gli effetti femminilizzanti degli ftalati, che sarebbero rilevabili solo per alcuni di essi, solo nei roditori e per dosaggi molto elevati (http://www.ftalati.info/). Tuttavia, anche chi è prudente circa la loro tossicità, come il prof. Blumberg (Salute Pubblica del Maryland), ritiene che le precauzioni siano doverose almeno per le gravide e i bambini. E c’è anche chi, come la Dr.ssa Colborn, fondatrice dell’Endocrine Disruption Exchange, che considera l’evidenza già raccolta più che sufficiente a non usare più (come lei fa) bottiglie e contenitori di plastica, ma solo recipienti di vetro. Anche questa precauzione, come la messa al bando di giocattoli contenenti ftalati, sembra però poca cosa perche l’esposizione agli ftalati, se iniziata quando i bambini sono ancora in grembo materno, data la diffusione dei prodotti che li contengono, continuerebbe poi in ogni modo in età adulta. Le normative esistenti sono per qualche esperto “patetiche” dal momento che non viene chiaramente imposto di segnalare la presenza di ftalati negli svariati prodotti di consumo. Conclude Kristof che se fossero i terroristi a contaminare l’acqua con gli ftalati, si spenderebbero milioni di dollari per la sicurezza, mentre facciamo così poco per i veleni che produciamo noi stessi. Eppure tutti noi, pur indifesi nei confronti degli ftalati in odore di… “perturbazione endocrina”, potremmo efficacemente intervenire almeno sull’uso della plastica: se si vuole sapere come, basta chiedere a “Google” la voce “Jobulate”. Davvero impressionante!

Titolo originale. Ftalati,  plastica, salute e…terrorismo

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