L’Italian Barometer Diabetes Report 2014, riporta che in Italia 27 mila pazienti muoiono ogni anno a causa del diabete e relative complicanze (specie cardiovascolari), in pratica un decesso ogni 20 minuti. L’aspettativa di vita di un diabetico risulta ridotta di 5-10 anni. Pure la terapia si aggiorna grazie a insuline sempre più “intelligenti” (preziose nel diabete di tipo 1 da deficit insulinico) e agli ipoglicemizzanti orali (adatti per il diabete di tipo 2, non da deficit insulinico). Di questi antidiabetici orali esistono varie classi: le biguanidi (più nota è la metformina- MET-), le solfanil-uree, i glitazoni, altri composti che riducono la degradazione delle “incretine”, ormoni che l’intestino rilascia nel post-prandium. Questi comportano una più persistente produzione di insulina da parte delle cellule beta delle isole pancreatiche e un freno delle cellule alfa a produrre glucagone (che aumenta la glicemia). Di recente la Food and Drug Administration ha approvato la combinazione di questi ultimi farmaci in soggetti non rispondenti a dosi anche alte di MET. È dunque la MET il protagonista centrale della terapia antidiabetica orale, grazie forse al suo meccanismo d’azione polivalente: minore produzione di glucagone, ridotta cessione di glucosio dai depositi epatici, facilitato consumo di glucosio nei tessuti. Ma la MET sembra preziosa pure in ambiti diversi dal diabete. Uno studio italiano pubblicato su Cell Cycle suggerisce pure un effetto antitumorale della MET che sarebbe capace di intralciare l’utilizzo dello zucchero da parte delle cellule neoplastiche, e quindi la loro crescita. L’intralcio sembra dovuto al fatto che questa biguanide inibisce il “fattore  insulino-simile  di crescita” il quale, agendo su un enzima noto agli esperti come PKM2, agevola l’ingresso del glucosio nelle cellule tumorali. Ma le news sul diabete non si fermano qui. Di recente la rivista JAMA, ipotizza che il diabete di tipo 1 si possa prevenire nei bambini a rischio somministrando loro per bocca una pillola al giorno di insulina. Ciò desensibilizzerebbe il sistema immunitario “insegnandogli” che le cellule beta e l’insulina non sono nemici da combattere con anticorpi. Lo studio su 25 bambini con storia familiare di diabete solleva interesse, ma anche non poche riserve. L’insulina, intanto, è una proteina e se assunta per os in capsule non gastro-resistenti, è passibile di digestione. Inoltre, “essere a rischio” non significa “certezza” di ammalare. In generale, un bambino ha 3 probabilità per 1000 di sviluppare un diabete di tipo 1. Nel caso di  un solo familiare di I°grado diabetico la probabilità sale a 50 per 1000 e, se i familiari di I°grado diabetici sono più di uno, a 300 per 1000. La prudenza interpretativa sull’efficacia profilattica dell’insulina per bocca è dunque doverosa.

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