Quando l’“indice  di massa corporea”-IMC- (ricavato dividendo il peso espresso in kg per l’altezza espressa in metri) supera il valore di 40, si parla di “grande obesità”. Le conseguenze negative sulla salute non mancano, a prescindere da epiteti impietosi (“cicciobomba”, “lipoma”) che all’obeso bene non fanno. Quando le diete, l’incremento dell’attività fisica e le cure farmacologiche risultano insufficienti (ma i consigli sono spesso messi in pratica solo all’inizio!), l’unico approccio efficace è rappresentato dalla “chirurgia bariatrica” (CB), nome dato a vari trattamenti chirurgici, tutti finalizzati a diminuire l’assorbimento degli alimenti. Tale malassorbimento programmato può però influenzare negativamente la gestazione delle operate obese che restano incinte. Una ricerca su 670 gravide super-obese (IMC superiore a 40-50) mostra che queste, non sottoposte a CB, hanno un rischio elevato di: diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari, pre-eclampsia (ipertensione, edemi, proteinuria), parto ritardato, parto cesareo,  alterato peso neonatale. Per il neonato, poi, c’è il rischio a distanza di obesità infantile e di sindrome metabolica (aumento abnorme specie del grasso viscerale addominale). Al contrario, nelle gravide precedentemente sottoposte a CB si registra una più bassa incidenza di diabete (2% versus il 7% delle non operate) e una minore macrosomia fetale (8% versus 22%) . Tuttavia, la CB comporta talora un  numero maggiore di feti più piccoli rispetto all’età gestionale (16% vs 8%) e una più alta percentuale di mortalità perinatale (2% vs 0,75%). Nessuna differenza, invece, tra obese operate e non operate per quanto concerne la frequenza di nascite premature e malformazioni congenite. Secondo il Collegio Americano degli Ostetrici e Ginecologi le donne sottoposte a CB, prima di rimanere incinte, dovrebbero aspettare 1-2 anni, arco di tempo durante il quale si osserva il più rapido calo ponderale. Le obese sottoposte al classico bypass tra stomaco e digiuno avranno un maggiore deficit specie di proteine, di vitamine B e D e di calcio e pertanto sia durante la gravidanza che nel post partum si raccomanda di controllare questi parametri. È anche prudente monitorare periodicamente l’accrescimento intrauterino del feto (mentre inutile sarebbe il controllo fetale ante partum). In conclusione, i dati di questo studio osservazionale sono un po’ problematici in quanto dimostrano da un lato che la chirurgia bariatrica si associa ad un ridotto rischio di diabete gestionale e di neonati più grandi rispetto all’età della gestazione, ma dall’altro che favorisce una più breve durata di gestazione e aumenta il rischio di morte neonatale. Ne consegue il (pleonastico?) invito alle “golosone” di pensarci prima di diventare grandi obese: la CB deve rappresentare l’extrema ratio.

Condividi questo articolo su Fackebook:
  • Facebook