In gennaio 2024 il tema delle responsabilità di quotidiani, settimanali e Radio-TV che riservano spazio alla informazione medica viene opportunamente ripreso con molta ricchezza di dati da David Frati sulla rivista “Forward” (Pensiero Scientifico Editore) che sfrutterò ampiamente. Particolarmente delicato è l’equilibrio tra informazione medica ai cittadini da parte di giornalisti medici che scrivono sui media e interessi delle aziende farmaceutiche. Una pregiudiziale a questo proposito sarebbe quella che coloro che trattano di malattie e terapie dovrebbero usare prima di tutto un linguaggio comprensibile per coloro che leggono, evitando ad esempio di ricorrere ad acronimi poco accessibili ai non addetti ai lavori. “La delicatezza della salute delle persone –scrive al riguardo Frati su Forward– con la possibilità di influenzarne indebitamente le scelte in questo ambito, imporrebbe un’etica professionale ferrea”. Altrimenti il rischio di scarsa precisione, di poca comprensibilità e persino di disinformazione è sempre elevato. Chi scrive di salute deve evidentemente fornire ai lettori interessati informazioni il più possibile veritiere, equilibrate e soprattutto utili, perché la diffusione di dati confusi magari in bona fide o, peggio ancora, volutamente falsi, risulterebbe inammissibile. Bisogna che il medico (giornalista o anche no) verifichi pregiudizialmente la fonte della notizia che fornisce in quanto basarsi solo sulla autorevolezza della rivista che l’ha pubblicata non è sufficiente. Per un dottore che voglia essere un “buon” giornalista (ma non tutti in questa categoria professionale possono fregiarsi di questo aggettivo) è oggi assolutamente necessario avere familiarità con certe competenze specifiche, considerando poi che la mole di studi che egli dovrebbe consultare prima di divulgare una notizia è spaventosa (e impossibile!): basti pensare che gli articoli pubblicati sulle riviste scientifiche nel 2023 sono stati milioni (+ mezzo milione di studi clinici da completare), per cui una selezione a priori è inevitabilmente necessaria. Inoltre, problematico per il giornalista che voglia verificare le fonti di informazione c’è il rischio non teorico delle frodi. A tal proposito L. De Fiore e G. Domenighetti scrivevano: “Con una certa frequenza pure autori, direttori di riviste, revisori, editori scientifici, persino società scientifiche sono talvolta tentati da comportamenti irrituali, eticamente biasimevoli o francamente illegali”. Nel 2023 questa concreta possibilità ha comportato il ritiro di oltre 10.000 studi clinici controllati risultati però in seguito non convincenti, un numero 5 volte maggiore di quello di 10 anni fa. Per il giornalista che voglia essere serio non c’è infine posto per l’ “infotainment”, intraducibile neologismo inglese che si propone di riunire informazione e intrattenimento, obiettivi tra loro poco compatibili.

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