Il morbo di Alzheimer (ALZ) rappresenta il 50-80% dei casi di demenza nella popolazione occidentale. L’ALZ è contrassegnata dalla perdita di memoria del soggetto e dal declino progressivo di altre abilità che può essere così grave da interferire con le usuali attività quotidiane. Si associano nel tempo problemi di linguaggio, alterazioni della personalità, mancanza d’iniziativa, disorientamento, incapacità di ragionamento logico e di giudizio. Il paziente spesso è incapace di ritrovare gli oggetti che ha lasciato in un posto per lui insolito. Alla base dell’ALZ c’è l’accumulo tra le cellule nervose di placche di “beta-amiloide”, una proteina che le danneggia e poi ne riduce la sopravvivenza, con conseguente progressiva atrofia di varie aree cerebrali (in primis l’ippocampo). Altra lesione tipica dell’ALZ che pure concorre all’ atrofia sono degli ammassi neurofibrillari intra-neuronali costituiti principalmente da una proteina nota come “tau fosforilata”. L’ALZ colpisce prevalentemente soggetti in età avanzata (rara la forma ereditaria), ma non mancano singoli casi gravi e rapidamente progressivi pure in soggetti più giovani. A tutt’oggi non esiste ancora una cura per guarire l’ALZ e i farmaci disponibili mirano più che altro a rallentarne il peggioramento specie nelle fasi iniziali. La diagnosi di morbo di Alzheimer, che è complessa e anche per questo è solitamente tardiva, si avvale di numerose indagini cliniche e strumentali (tra cui test cognitivi e neuropsicologici, tecniche di immagine come TAC e Risonanza Magnetica Cerebrale). La malattia è solo parzialmente controllabile ma certo non guaribile. Tuttavia, negli ultimi mesi si è aperto un innovativo spiraglio terapeutico che mira specificamente a potenziare la memoria dei malati di ALZ grazie alla modifica genetica della proteina LIMK1 che è di norma presente nel nostro cervello. La terapia innovativa è stata pubblicata sulla rivista “Science Advances” da alcuni neuroscienziati dell’Università Cattolica di Roma e della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli. In sintesi, il prof. C. Grassi e collaboratori hanno modificato la sequenza molecolare della LIMK1 inserendovi una specie di “interruttore molecolare” che serve ad attivare a comando la LIMK1 previa somministrazione di “rapamicina”. Questo immunosoppressore è prodotto da un batterio isolato nel terreno dell’isola di Pasqua (Rapa Nui e il suo nome indigeno). Approvata col nome di “Sirolimus” dalla Food and Drug Administration e dalla European Medicines Agency, la rapamicina non solo riduce la risposta immunitaria (utile per prevenire il rigetto di organi trapiantati), ma sembra pure rallentare del 50-60% l’invecchiamento di certi animali. È proprio di questo suo effetto anti-invecchiamento che potrebbe indirettamente giovarsi la memoria del malato di ALZ. Fascino della ricerca scientifica.

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