Il dolore precordiale (per taluni sinonimo di “anginoso”) avvertito in sede retro-sternale e/o irradiato alla schiena, alle braccia, al collo/mandibola, allarma i soggetti non giovanissimi che temono un infarto miocardico (IM). In Italia più di120 mila sono le persone colpite ogni anno da infarto e circa il 25% di queste, muore per ritardato arrivo in ospedale. Tra i pazienti che arrivano in cardiologia per IM si aggiunge una ulteriore mortalità di poco più del 10%. Una definizione precoce delle cause del DR è dunque opportuna, ma non sempre semplice, in quanto diverse sono le cause extra-cardiache di questo dolore. Utile naturalmente valutarne le caratteristiche (frequenza, durata, intensità, irradiazione), ma la clinica non è sempre dirimente. Al Pronto Soccorso, cui il paziente viene avviato o si rivolge spontaneamente, si controllano in primis l’ECG (che però nelle prime ore può non essere dimostrativo) e i test di danno miocardico (in primis, il saggio ematico della troponina e altri enzimi). Se questi esami risultano negativi il cardiologo tende ad attribuire il DR ad un reflusso gastro-esofageo, mentre il gastroenterologo consultato in seconda battuta, tenderebbe a non escludere un’origine coronarica del DR se l’esofagogastroscopia e la pH-metria intraesofagea risulteranno nei limiti della norma. In alcuni pazienti il DR resterà comunque di spiegazione incerta e se persiste imporrà magari di approfondire con un’angiografia delle coronarie o con una Angio-TAC coronarica. Questa è una metodica non invasiva come la coronarografia, benchè sia anch’essa associata ad un aumento del rischio radiologico consistente, superiore centinaia di volte a quello di una radiografia del torace. Un datato editoriale di Rita Redgber sul New England Journal of Medicine, commentava al riguardo vantaggi/svantaggi di questa Angio-TAC in pazienti con DR ricoverati per insufficienza coronarica che rimaneva sospetta nonostante la negatività di ECG e dei test cardiaci. La Redberg concludeva che nei sottoposti ad Angio-TAC i vantaggi sono minimi rispetto ai pazienti non esaminati con tale procedura: il ricovero risulterebbe più breve di sole 7,5 ore e un controllo a 28 giorni non registrerebbe esiti clinici diversi tra i ricoverati sottoposti e non all’Angio-TAC. Nonostante il costo rilevante di tale esame, non ci sarebbe insomma alcuna evidenza che esso attuato prudenzialmente in pazienti con DR migliori il loro destino (ma forse l’ansia sì!), e non è poco! Degli esaminati, solo l’1% andrà incontro all’infarto a prescindere dagli accertamenti subiti. I pazienti con DR, ma con ECG e troponina nella norma, potrebbero comunque considerarsi un gruppo a rischio basso di infarto, che peraltro non si ridurrebbe ulteriormente sottoponendosi ad un esame ad alto rischio radiologico. “Less is more”, direbbero gli Inglesi, quasi a dire che meno si fa (talora) e meglio è.

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