Nell’uomo, i battiti cardiaci, gli atti respiratori, la pressione arteriosa, la temperatura, la composizione del nostro sangue (glicemia, ferro sierico, ormoni, etc), il numero di globuli rossi e bianchi, la velocità di eritrosedimentazione (VES), e altro ancora, variano (tanto o poco) in modo ciclico nell’arco delle 24 ore secondo ritmi “circadiani” (dal latino circa dies, intorno al giorno). Ciò spiega perchè alla mattina una persona (chi più chi meno) può essere in qualche misura “diversa” da quella che è alla sera anche quanto a stato d’animo. Per quanto attiene ai parametri biochimici, alcuni esempi eclatanti sono: la concentrazione plasmatica del cortisolo (ormone prodotto dalla corteccia surrenalica), che al pomeriggio risulta la metà di quella del mattino, e lo stesso dicasi per il ferro o per la produzione di melatonina che è massima di notte (più buio) e bassa durante il giorno (più luce). Nell’uomo è dunque operante un “orologio biologico” ed è di questo che si occupa la “cronobiologia”. Ecco perché, se si prevede un confronto periodico degli esami ematochimici, è bene fare i prelievi alla stessa ora, a digiuno. Pure la terapia può risentire del ritmo circadiano: due noti antitumorali come l’Adriamicina e il cis-Platino riducono ad esempio significativamente i loro pesanti effetti collaterali se somministrati alle 6 del mattino o, rispettivamente, nel tardo pomeriggio. Questo orologio “interno”, lo si deve ad un gruppo di cellule nervose del nostro cervello (segnatamente dell’ipotalamo), sensibili soprattutto all’alternarsi della luce e del buio, ma pure ad altri fattori esterni come la rotazione della terra ed il campo magnetico. La Dr.ssa Rebecca De Fiore “web content Editor” per  il Pensiero Scientifico editore, ha ri-sollevato il quesito se l’“Ora Legale” non possa causare pure rischi cardiaci, paventati anni fa  tra gli altri dal prof. M. Young dell’Università dell’Alabama. Secondo il professore, dopo il passaggio all’ora legale, il rischio di infarto miocardico aumenterebbe del 10% a causa del fatto che la maggior parte delle persone dorme un po’ meno prima di andare al lavoro. Al contrario, il rischio di infarto diminuirebbe in analoga percentuale in ottobre, quando l‘ora legale cessa e si dorme un’ora in più. Gli eventuali rapporti tra ora legale e rischio cardiaco restano comunque di difficile definizione e in effetti gli studi ad hoc non hanno dato risultati omogenei. È  stato pure ipotizzato che un certo rischio sia maggiore solo in soggetti già cardiopatici oppure nelle sole donne. Infine, per alcuni ricercatori, l’eventuale rischio non dipenderebbe dall’ora di sonno in meno ma dal fatto che, a prescindere dalla cronobiologia, al subentrare in marzo dell’ora legale, si trascorrerebbe più tempo all’aria aperta, quando la temperatura è ancora bassa o comunque oscillante. Marzo è matto, scriveva Giovanni Pascoli.

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